CARO MAESTRO LE SCRIVO
“Trovo assurdo - ed è assurdo - che si cerchi di aprire le porte del Teatro Ariston di Sanremo quando restano chiuse quelle
del San Carlo di Napoli, dell'Opera di Roma, della Fenice di Venezia, della Scala di Milano, del Lirico di Cagliari, del Regio
di Parma, del Maggio musicale fiorentino, del Carlo Felice di Genova, del Petruzzelli di Bari, del Massimo di Palermo -
“Le Stagioni liriche vanno avanti in modo penoso, vengono allestite opere in forma di concerto e diffuse in streaming. Mentre a Sanremo
si esclude categoricamente
che possano mancare il pubblico e i giornalisti”
di ACHILLE MEZZADRI
Caro Maestro,
sono passati 120 anni da quel 27 gennaio del 1901, una domenica, quando ci lasciò alle 2 e tre quarti del mattino, nella sua camera 105 del Grand Hotel et de Milan, in via Manzoni, a due passi dalla “sua” Scala. Io non ero ancora nato allora, ma è come se fossi stato lì anch’io, a piangere come tutti quelli che hanno amato, amano e ameranno la sua musica immortale. In una scena del film Novecento di Bertolucci c’è un uomo intabarrato che in bicicletta attraversa i pioppi della Bassa parmense al grido L’è mort Verdi, Verdi l’é mort… In quel grido c’è l’angoscia dei bussetani, dei parmigiani, dei piacentini, dei milanesi, degli italiani, di tutti i cittadini del mondo. È un’angoscia, Maestro, che si rinnova ogni anno e soltanto la sua musica ci aiuta a mandar giù il magone. Avevo 11 anni quando....