venerdì 30 dicembre 2022

Si è spenta Tamara Baroni, la parmigiana

 CIAO TAMARA, AMICA RITROVATA

Quando ancora abitavo a Parma, Tamara, amica intima di quella  che diventò la mia prima moglie, era la più bella della città - La  attendeva un futuro da prime pagine: amori (il più clamoroso con Bubi Bormioli) , scandali, perfino il carcere (immeritato), film e teatro - A Parma, negli anni ’60, andai a trovarla nella casa dei genitori, in viale Mentana, mentre fasciava la sua primogenita, Viviana - Poi le nostre strade si sono divise e, complice il mio Pramzanblog, l’ho ritrovata nel suo esilio volontario a Natal, capitale dello Stato brasiliano del Rio Grande do Norte - Lì ha ricostruito la sua vita, lontana da scandali e clamori -

E da quando l’ho ritrovata è nata una grande amicizia


di ACHILLE MEZZADRI


Poche ore fa mi ha chiamato Viviana. La primogenita di Tamara Baroni. “Achille, mi dispiace ma devo darti una bruttissima notizia. È morta mia mamma, ieri l’altro 28 dicembre, alle 22,22. Stava male da un po’ e io la sentivo tutti i giorni, poi la situazione è precipitata. Teneva tanto a Parma, la sua, la nostra città e qui a Parma, mentre a Natal, in Brasile, sarà cremata, faremo una specie di “funerale parmigiano” proprio il 3 gennaio, con una  funzione in suo ricordo nella chiesa di Santa Maria del Rosario, in via Isola. Sono in contatto con i miei tre fratelli brasiliani, Ciro, Sara e Marco. Siamo tutti sconvolti”.

Basito. Letteralmente basito. Sono rimasto senza parole, perché soltanto una decina di giorni fa avevo chiamato Tamara e dalla sua voce non avevo capito la situazione. Mi aveva sorpreso, piuttosto, con questa frase: “Achille, ero stufa di vivere da sola. Ora abito in un albergo per anziani benestanti,  spendiamo una cifra, ma almeno sono in compagnia. Adesso sto mangiando una minestra”. .....

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sabato 24 dicembre 2022

La scomparsa di Vittorio Adorni

 VITTORIO, CAMPIONE SULLA STRADA E NELLA VITA

Molti oggi, nel giorno in cui ci ha lasciato, stanno ricordando il ciclista parmigiano che nel 1968 vconquistò a Imola il titolo mondiale su strada  dopo aver vinto, nel 1965, il Giro d’Italia - Oltre all’attività agonistica ha fatto il  conduttore e il commentatore televisivo, il direttore sportivo, il curatore di pubbliche relazioni, il membro del Cio, l’assicuratore - Un parmigiano autentico,  che affrontava la vita con il sorriso e la simpatia innata - Ci siamo frequentati poco, ma c’è sempre stato qualcosa che ci ha tenuti sempre legati, in un modo o nell’altro - E ha cantato anche nel coro della mia "Bón Nadäl ala pramzàna"


di ACHILLE MEZZADRI


Oggi Marino Bartoletti, grande conoscitore e storico del ciclismo, ma non solo, starà scrivendo migliaia di ricordi, di storie, di aneddoti, che lo hanno legato a Vittorio Adorni, che non è mai stato né un Merckx, né un Gimondi, ma che ha lasciato un segno indelebile nel mondo dello sport. Ma anch’io ho la fortuna di poter raccontare il Vittorio “uomo”, pramzàn dal sàs, simpatico ed eclettico, che è entrato presto nella mia vita, come idolo, perchè era fortissimo e vinceva il Giro  d’Italia, il mondiale di ciclismo, poi perchè è stato il mio primo assicuratore a Parma (quando mi trasferii a Milano lo “tradii” con un altro grande dello sport. Giacinto Facchetti), poi ancora perché ci trovammo insieme a tifare Francesco Moser che nel gennaio 1984, a Città del Messico, battè per due volte il record dell’ora. Quando ci rivedevamo, per un modo o per l’altro, era sempre un piacere reciproco. Per il mio Pramzanblog, dieci anni fa, in occasione dei suoi 75 anni, gli dedicai un grande articolo, lo sentii più volte anche....

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L'ARTICOLO SU PRAMZANBLOG NEL 2012

L'ALBO D'ORO DI ADORNI



sabato 3 dicembre 2022

La scomparsa di Fabrizio Castellini

IL CUGINO SCOMODO

CHE FACEVA LE PULCI AI POTENTI

Se ne è andato troppo presto, a 70 anni, per gravi problemi di salute - Eravamo secondi cugini, con in comune un bisnonno, Nicola - Era laureato in giurisprudenza, ma aveva il giornalismo nel sangue e scelse la strada più scomoda: stare sempre fuori dal coro - Si fece molti nemici e alcuni di questi riuscirono a fargli chiudere la sua prima creatura, “Il giornale di Parma” - Non si perdette d’animo e inventò un nuovo settimanale, “La Voce di Parma” - Nel 2011, quando lo intervistai per il mio "Pramzanblog", aveva già sulle spalle almeno una cinquantina di querele, sei o sette condanne in primo grado, una in appello già prescritta, ma nessuna condanna definitiva


di ACHILLE MEZZADRI


Ha rotto le balle a tanta gente, a Parma. Alcuni edicolanti sono  arrivati al punto di nascondere le locandine del suo giornale La  voce di Parma.  Ma Fabrizio, mio cugino Fabrizio Castellini (di secondo grado,  avevamo in comune il bisnonno Nicola) è sempre andato dritto per la sua strada. Senza paura. Io e lui giornalisti, con dentro il sacro fuoco della notizia, ma su strade parallele e nello stesso tempo lontane: io in giro per il mondo a seguire eventi e a intervistare personaggi, lui a fare giornalismo d’inchiesta, all’ame-ricana, a sfidare le caste, a raccontare con puntiglio le sue verità. Io amante nostalgico della Gazzetta di Parma, il quotidiano dove sono nato come giornalista. Lui a fare le pulci alla Gazza, perfino con sfrontatezza, ma sempre con la convinzione morale di essere  dalla parte giusta. Immagino che, pur in buona fede, possa aver preso qualche cantonata, però nel 2011, quando lo intervistai per il mio giornale online, Pramzanblog, aveva già sulle spalle almeno una cinquantina di querele, sei o sette condanne in primo grado, una in appello già prescritta, ma nessuna condanna definitiva. Sapeva quello che faceva e, forte della sua laurea in giurisprudenza, conosceva i confini da non oltrepassare. Eppure i suoi nemici   - a Parma ne aveva, eccome - riuscirono a fargli chiudere la sua prima creatura, Il giornale di Parma, che fondò nel 1998, con l’aiuto di un finanziatore. Improvvisamente, ma era nell’aria, gli vennero tolte la direzione e la testata, che fallì poco dopo. Ma lui...

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L'INTERVISTA DEL 2011

giovedì 24 novembre 2022

Un uomo e una città: Ferraguti da Parma

 QUANDO IL MIO AMICO GIOVANNI

DIVENTO' GION GUTI PER PRAMZANBLOG


Ai tempi dei fasti di Pramzanblog, ormai tanti anni fa, Giovanni Ferraguti (con il quale avevo condiviso avventure cronistiche alla "Gazzetta di Parma"), viveva a Nizza, in Francia e io gli proposi di rovistare tra il suo immenso archivio di foto per una rubrica sul mio fortunatissimo giornalblog online - Così nacque "Una foto, una storia", che ebbe vita per ben 201 puntate - Per quella rubrica il mio amico si inventò un nome d'arte, Gion Guti e io posso dire di avere una gran nostalgia di quel periodo magico - Giovanni, da tempo, è "tornato a casa", cioè a Parma e ha ripreso a inondare di preziose e graditissime cronache i parmigiani, che lo considerano, a ragione, un mito vivente - E ha trovato anche un talentuoso partner, quel Billy Balestrazzi che non solo, nonostante la pensione dopo la "Gazza", continua a vivere la vita di un giornalista in piena attività, ma è anche docente di giornalismo all'università. Chapeau - Giovanni, con Billy, fa mostre, scrive libri e, soprattutto, ha ripreso ad essere, come ai vecchi tempi, l'occhio vigile della città - Il successo senza confini di Ferraguti mi ha fatto scoprire una grave lacuna: sul mio sito "Achille Mezzadri faccia da cronista", preso da mille interessi (ma chi dice che in pensione di riposa...) non ho mai completato l'angolo dedicato proprio a Giovanni (pardon, Gion Guti). Lo sto facendo in questi giorni. Sotto la foto di copertina del sito ci sono vari "pulsanti" da cliccare. Nella prima riga il mio passato di "testimone del tempo", nella seconda e nella terza l'angolo chiamato "Pramzanblog Revival" con, tra le varie "chicche", il "Dizionario dei parmigiani grandi e piccini" di Baldassarre Molossi", le mie interviste, lo spazio del dialetto, la rubrica di lirica "Nonsoloverdi", eccetera eccetera. La terza fila si apre proprio con Ferraguti. Mancano ancora tantissime delle 201 puntate, ma provvederò presto...

domenica 16 ottobre 2022

Milano: l'assurda bike lane di via Novara

RISCHIARE DI MORIRE PER UNA CICLABILE

Da agosto una delle più importanti vie di accesso al centro della città è diventata un inferno - Prima subiva la piaga delle automobili perennemente in doppia fila, ora lo spazio destinato ai ciclisti ha ridotto quello della carreggiata e il rischio di incidenti anche gravi è molto alto - Il problema è reale e ha scatenato le ire degli abitanti della zona, ma anche la guerra tra i partiti: la sinistra difende il sindaco Beppe Sala e la sua assessora alla mobilità Arianna Censi, la destra grida allo scandalo - Comunque c’è ancora tempo per apportare modifiche, se si è capaci di usare il buonsenso 


di ACHILLE MEZZADRI


Si può rischiare di morire per una pista ciclabile? A Milano sì. Accade in via Novara, una delle più importanti vie d’accesso alla città. La giunta di  sinistra guidata d Beppe Sala, con in prima linea l’assessora alla mobilità Arianna Censi, già vice sindaca, sta portando avanti con decisione il programma di ampliamento dei percorsi ciclabili e da agosto è sotto accusa per il macello che ha creato la “bike lane” di via Novara, che ha l’ambizione di raggiungere Settimo Milanese partendo da via Rembrandt. Che cos’è una “bike lane”? Viene chiamata così, “corsia per le bici”, perché, senza essere una vera e propria pista ciclabile, corre per oltre 5 chilometri tra il marciapiede e la carreggiata con il solo tratteggio orizzontale disegnato sull’asfalto, senza cordoli né altre protezioni. E’, insomma, una corsia, non una pista apposita. Il risultato pratico, co-munque, è un obbrobrio: le macchine che prima venivano parcheggiate accanto al marciapiede, ora restringono lo spazio rimasto per la carreggiata. E si può immaginare che cosa potrebbe capitare a un automobilista che “osi” scendere dal proprio mezzo mentre arrivano le  auto lanciate come fossero in una gara di Formula 1. ....

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martedì 6 settembre 2022

L’intervista non prevista: Raul Cremona

 E, COME PER MAGIA,

MI APPARVE RAUL CREMONA

Può succedere che all’improvviso, magari in un sontuoso agriturismo della Valseriana, incontri un famoso personaggio della Tv (e non solo) che ti ha fatto riderea crepapelle a Zelig - Così è nato l’accordo per l’incontro a Milano con “il mago Silvano” che “a volte non fa niente, ma lo sa fare molto bene” - Dagli esordi al Derby e al Ca’ Bianca, ai grandi successi - “Mia moglie Graziella, a 17 anni, mi volle conoscere e mi stupì facendomi un gioco di prestigio” - “Mio figlio Giordano, in arte Kremont, è più famoso di me” - “Ho scoperto che sono un discendente di Napoleone III”

di ACHILLE MEZZADRI

C’è chi sostiene che “nulla succede per caso”. Tutto sta scritto, tutto è collegato, un filo invisibile ci lega alle cose che accadono. Però io sono convinto che nessun filo misterioso abbia determinato il mio incontro, assolutamente casuale, con Raul Cremona, il mitico “Silvano, il mago di Milano” che mi faceva sbellicare dalle risate a Zelig. Mi trovavo per un aperitivo con moglie, figlia e Kira, la cagnolina, all’agriturismo “Larice” di Clusone, quando ci siamo messi a chiacchierare con una gentile signora che aveva con sé un dolce cagnolino anziano. Il marito, un simpatico giovanotto di mezza età, stava girovagando nei campi d’intorno alla ricerca di frutti da cogliere sugli alberi. Poi è arrivato con una manciata di susine e si è seduto a un tavolino vicino a noi. E mia figlia Erika, sottovoce: “ma quello non è?... un noto comico?...”. “Potrebbe essere... sì, sì. Forse è lui...”. Non volevo fare gaffe. Poi quando ho fatto accenno al mio incontro proprio in Valseriana, qualche anno fa, con Vincenzo Mollica, ho scoperto che anche lui lo conosceva. Allora è spuntato il coraggio, rivolgendomi alla signora gentile, la moglie: “Quindi suo marito è....”. Risposta con un sorriso tutto semplicità: “È Raul Cremona...”. Con conferma da parte del giovanotto di mezza età: “Sì, sono io, Silvano, il mago di Milano...”.

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giovedì 25 agosto 2022

Il sogno irrealizzato con Benvenuti

PERCHÈ SALTÒ IL MIO PROGRAMMA

DI BOXE CON NINO BENVENUTI 

Nel 1978 Ad Antenna Nord arrivai molto vicino a realizzare un mio grande sogno: conoscere il grande pugile che era stato il mio idolo fin da quando conquistò il titolo olimpico a Roma nel 1960 - Addirittura rischiai di condurre un programma di pugilato con lui - Il direttore della Tv di Rusconi, Lillo Tombolini convocò entrambi nel suo ufficio e insieme entrammo nei particolari - Eravamo in possesso dei filmati dei più grandi match della storia ed avevamo la disponibilità di Nino che li avrebbe commentati:

tutto era pronto - Ma non arrivò la pubblicità

che avrebbe coperto le spese - E il mio sogno svanì


di ACHILLE MEZZADRI



Nel 1978, pur facendo parte della redazione di Eva Express ero un assiduo collaboratore di Antenna Nord, e le mie giornate lavorative si svolgevano molto più in via Oldofredi, dove c'erano gli studi della televisione, che in via Vitruvio. E un giorno, nel periodo in cui conducevo San Siro Ieri con Eugenio Gallavotti, arrivai molto vicino a realizzare un mio grande sogno: conoscere, e perfino diventare amico, di Nino Benvenuti, il pugile che era stato il mio idolo fin da quando conquistò il titolo alle Olimpiadi di Roma nel 1960. Ho già raccontato che nel periodo dell'adolescenza ero infatuato della boxe e, nonostante fossi mingherlino e avessi gli occhiali, mi sarebbe piaciuto diventare un pugile. Con le mie paghette settimanali compravo Boxe Ring ed ero informatissimo. Dopo le Olimpiadi di Roma e il passaggio al professionismo di Nino Benvenuti cominciai perfino a tenere su un mio quadernetto l'albo aggiornato dei suoi match. La prima vittoria ai punti in 6 riprese il 20 gennaio 1961 nella sua Trieste con il tunisino Ben Alì Allala. La seconda per KO alla terza ripresa a Roma con Nicola Sammartino. La terza per KO alla prima ripresa a Napoli nella rivincita con Ben Alì Allala. La quarta per KO alla terza ripresa a Bologna con il tunisino Sahib Mosri. La quinta ai punti in 6 riprese a Milano con lo jugoslavo Nic Maric. E avanti così, con puntiglio e precisione giornalistica. Il mio debutto nella carta stampata sarebbe avvenuto due anni dopo, nell'ottobre 1963, alla Gazzetta di Parma.

Benvenuti si avviò verso una carriera strepitosa, ricca di titoli europei e mondiali e fu ancora lui a farmi passare la notte in bianco (e a milioni di italiani) il 17 aprile 1967 quando strappò il titolo mondiale dei pesi medi a Emil Griffith al Madison Square Garden di New York. Io avevo compiuto 22 anni da due giorni e da quasi 14 mesi ero un cronista della Gazzetta di Parma. Ricordo quella notte nella redazione di cronaca ad ascoltare con i colleghi (Curti, Pressburger, Zani, Arlunno, Bellè, Tonarelli...) la storica entusiasmante radiocronaca di Paolo Valenti.
Ecco, ora chiunque può immaginare che cosa provai quando, nel 1978, Lillo Tombolini, direttore di Antenna Nord, mi convocò nel suo ufficio con Nino Benvenuti, per varare un programma di pugilato. Sergio Barbesta, della REA (Rusconi Editore Associati) aveva acquistato i diritti per pubblicare le sintesi dei più grandi match della storia della boxe e nel programma io avrei ricordato sinteticamente quegli incontri, che Benvenuti avrebbe commentato. Bingo! Ero fuori di me. Un programma di boxe da co-conduttore con Nino...  Ma i sogni non si realizzano gratis... Occorreva uno sponsor, insomma la pubblicità, per tenere in piedi il progetto. Ma non arrivò. E così, con il disappunto massimo di Tombolini, di Benvenuti e mio, il sogno svanì. Per lo stesso motivo non fu replicato San Siro Ieri e io "traslocai" a Gente, il settimanale diretto dal grande Antonio Terzi. Non ho mai potuto capire che cosa sarebbe stato della mia carriera se io fossi diventato partner di Nino Benvenuti in un programma Tv. (a.m.)

martedì 23 agosto 2022

L’incontro con l’attrice lanciata da Germi

 IN UN RISTORANTE DI ROMA

FECI PIANGERE DANIELA ROCCA

Mi ci vollero tre giorni e tre viaggi in Piemonte, Sicilia e Lazio per smontare lo “scoop”

che avrei potuto fare dopo la lettera inviata a “Eva Express” da una giovane signora di Valenza Po

- Il colpo di scena finale a Milano


di ACHILLE MEZZADRI

Tre giorni. Impiegai tre giorni e feci tre viaggi per scoprire che lo scoop suggerito da una lettera scritta a Eva Express da una giovane signora di Valenza Po, in provincia di Alessandria, non era uno scoop, ma una bu-fala. Ciò accadde nel 1977, quando a Eva arrivò appunto la lettera nella quale la donna sosteneva di essere la figlia segreta del grande regista Pietro Germi (scomparso tre anni prima) e dell’attrice Daniela Rocca, che allora aveva 40 anni (e che poi è scomparsa nel 1995).  In redazione capimmo che la lettera avrebbe potuto avere anche qualche fondamento di verità visto che nel 1961, durante le riprese di Divorzio all’italiana, il film diretto da Germi, con Marcello Mastroianni, Stefania Sandrelli e Daniela Rocca, era cominciata una tormentata storia d’amore tra il regista e la giovane attrice siciliana che prima di diventare attrice era stata eletta Miss Catania a 16 anni. A prima vista i conti non tornavano...

venerdì 12 agosto 2022

Gente di Alta Valseriana (2)

 


“ALL’HOTEL MILANO DI BRATTO

SI ENTRA CLIENTI E SI ESCE AMICI” 

Fabio Iannotta, general manager del prestigioso albergo 4 stelle di Bratto, racconta come una ex casa vacanze delle suore è diventata uno dei must della ricezione alberghiera nelle Orobie - “Fu mia nonna materna, negli anni ’50, a costruire l’edificio che ospitò per molte estati le Marcelline di Milano” - “Poi le religiose trovarono un’altra casa e così dal 1965 i miei genitori Tommaso e Maria inventarono l’Hotel Milano” - “La nostra regola principale è il rispetto della privacy” - “Non posso ignorare i momenti bui del covid, ma ci stiamo rifacendo alla grande” - “Mi piace condividere le mie idee con lo staff” - “La nostra è una squadra consolidata, è una famiglia” - “Il centro benessere, i sabati della cocktail mania, le grigliate in terrazza di luglio e agosto, la musica alla sera: insomma, ci diamo da fare...”

di ACHILLE MEZZADRI

Fabio Iannotta, 57 anni, non manca nemmeno uno dei requisiti del moderno general manager d’albergo. Fa il padrone di casa del gioiello di famiglia, l’Hotel Milano di Bratto, in Alta Valseriana, con eleganza e discrezione. Ha occhi che, senza darlo a vedere, sono il monitor personale sul quale segue ogni momento e ogni angolo, dalla reception al lounge bar, dal ristorante Al Caminone, alla terrazza. E’ una presenza che poco te ne accorgi, ma è fondamentale. Il motore che non sta mai in pausa. “Comincio”, mi dice “alle otto, otto e mezza del mattino e non so mai a che ora tornerò la sera a casa, che è a 400 metri da qui. Direi, sì, che il mio impegno, soprattutto in alta stagione e nei momenti clou, è trasversale. Mi piace dare il mio aiuto quando è necessario. Del resto la mia formazione professionale viene da lontano, esattamente.....

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mercoledì 10 agosto 2022

Gente di Alta Valseriana

 SIMONE: "COCKTAIL, MOTO

E... L'HOTEL MILANO.

QUESTA E' LA MIA VITA"

Le tre facce di Simone Monella, lo “storico” barman dell'Hotel Milano Alpen Resort a Bratto di Castione della Presolana -"La mia avventura qui è cominciata quattro giorni prima del Natale del 2004" - "Ho fatto il cameriere per anni, sono barman dal 2011" - “Appassionato di motori fin da bambino, sono fedele alla Ducati" - “Il Milano è la mia seconda casa" -"Tutti chiedono la mia versione del Negroni, ma io preferisco il Long Island" - "Resterò single fin che non troverò la donna che mi farà perdere la testa”

di ACHILLE MEZZADRI

Frequento l’Alta Valseriana, da villeggiante, da 35 anni. Terra di nativi illustri - Beppe Severgnini - ma anche di villeggianti storici famosi come Vincenzo “Paperika” Mollica e devo ammettere che, come loro, ormai mi sento anch’io un po’ di queste parti. Perché i bergamaschi di montagna mi piacciono: sono simpatici, lavoratori, conoscono l’arte del non abbattersi quando ti capitano addosso disgrazie impreviste. Ogni riferimento al covid è puramente voluto. Per questo ogni tanto mi piace conoscerli da vicino e raccontare le loro storie. Come quella di queste pagine. Simone Monella, classe ’88, scapolone convinto (fin che dura) è il barman dell’Hotel Milano, uno dei più prestigiosi fiori all’occhiello di tutta l’Alta Valle. Lo conosco da almeno undici anni e ho avuto tutto il tempo...

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martedì 18 gennaio 2022

La scomparsa di Alberto Michelotti

SARAI SEMPRE IL  MIO BARACÓN

Non è stato soltanto un grande arbitro di calcio e un grande parmigiano - È stato soprattutto una persona perbene, un portatore d'amicizia - Avere l'onore del suo affettoi era una medaglia da puntarsi al cuore - E io non la toglierò mai

di ACHILLE MEZZADRI



Ciao Baracón, cme vala?”. “Incó a són fóra cme un balcón”. Cominciavano così, a volte, le nostre telefonate. Eravamo amici da poco più di 12 anni e gli piaceva essere chiamato così dagli “intimi”, ed infatti era come se fossimo carsù insèmma, nonostante la differenza d’età. Io  sono cresciuto dedchì e lui dedlà da l’acua, ma avevamo molto in comune: l’amore per Parma, per il Parma, per la musica lirica, per la famiglia, per le tradizioni, per il djalètt pramzàn. Da quando l’ho conosciuto ho capito che dietro la maschera del guascone senza peli sulla lingua c’era una persona perbene, un portatore d’amicizia, quell’amicizia che portava sulle sue spalle forti come una bandiera. Ciao Baracón, cme vala? Oggi  non può rispondermi, purtrop-po, ma so che se potesse lo farebbe con una di quelle sue ridacchiate travolgenti e una frase strappalacrime ma detta con allegria: co’ vót ch’a t’ digga? A són rivè dala mia Laura…”. 
La sua Laura, la moglie scomparsa un anno fa, il punto fermo della sua vita, l’approdo sicuro dopo ogni avventura nei campi di calcio e nelle strade della vita. Ricordo quando volli festeggiare il suo novantesimo compleanno con un breve video di 5 minuti, Alberto Michelotti da Parma (visibile su Youtube), nel quale raccontavo la sua vita. Lo inviai a Sonia che.....