venerdì 24 novembre 2023

Il capolavoro di Paola Cortellesi

 “C’È ANCORA DOMANI”: UN FILM DA OSCAR

Prima ancora di entrare nella sala dove l’ho visto sapevo che era piaciuto a tutti, critica e pubblico, ma

non immaginavo che fosse così “perfetto” - Il tema del maschilismo (purtroppo sempre attuale)

viene raccontato dall’attrice e regista all’esordio con sapienza, delicatezza e anche una dose

di humour - La Cortellesi ci ha riportato nell’Italia del ’46 e in un quanto mai azzeccato bianco e nero ha

dipinto il mondo delle donne che per la prima volta hanno ottenuto il diritto di voto in Italia 


(Foto di Claudio Iannone)

di ACHILLE MEZZADRI

Che film. C’è ancora domani, esordio alla regia di Paola Cortellesi, già osannato alla recente Festa del cinema di Roma, continua a soddisfare critici e pubblico. Non arrivavo però ad immaginare che fosse così “per-fetto” e penso perfino che l’anno prossimo po-trebbe concorrere per entrare almeno nelle nomi-nation degli Oscar, nella categoria “film stranieri” e in quella di “prima attrice protagonista” per la Cortellesi, grazie a un’interpretazione degna della migliore Anna Magnani. Comunque, innanzitutto, il tema: il maschilismo, dipinto a tinte fosche, in bianco e nero, per sottolineare questo cancro della società che sopravvive da secoli, forse perfino dall’origine del mondo, con il dubbio che possa continuare a vivere, come le guerre, la prostituzione, la corruzione. Una piaga lacerante che non ha confini e che ha terreni ancor più fertili in ambienti dove le donne sono perfino costrette a nascondersi in abbigliamenti umilianti come hijab, niqab, chador, burqa. Però il maschilismo, anche nel mondo non islamico, pur lasciando alle donne libertà nel vestire, non scherza e continua nelle più varie forme a imperversare, calpestando la dignità femminile ed arrivando perfino ad uccidere.

Ecco, il film della Cortellesi indaga su questo tema con sapienza, delicatezza e anche una certa dose di humour..... 

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martedì 27 giugno 2023

La scomparsa di Aldo Musci

CIAO DINO, LO SPETTACOLO E' FINITO

Ho avuto la fortuna di conoscere questo piccolo grande uomo che è stato uno degli attori, con Luigi Furlotti (Gino) della mia commedia “Una giornata piena di sorprese” e che ha anche fatto parte del coro dei Vip in “Bón Nadäl ala pramzàna” - Lavorava  in Tv dietro le quinte ed era un maestro del “gobbo”, versione moderna del suggeritore - Tutti i personaggi dello spettacolo lo amavano ed erano felici di farsi un selfie con lui




di ACHILLE MEZZADRI

Per me è stata una giornata piena di sorprese, come il titolo della mia commedia. Un appuntamento saltato, una pratica non conclusa, ma… la sorpresa più brutta me l’ha fatta Luigi Furlotti, già, il Gino della coppia Gino e Dino che portò in scena la commedia Una giornata piena di sorprese. “Lo sai già?”. “No”. “È morto Dino. Pensa che l’avevo sentito il 18 giugno, quando ha compiuto 64 anni. Stava benissimo”. “Dove è morto?”. “A Rimini, l’hanno trovato senza vita in una camera d’albergo”. Un pugno nello stomaco. Avrei voluto non crederci. Ma era tutto vero. Tutto terribilmente vero. Aldo Musci era per me soltanto Dino, così come per me Luigi Furlotti, ora dispensatore con successo di sigarette elettroniche, ma anche autore di musiche non banali, è ancora per me soltanto Gino. Già. Gino e Dino, coppia comica che per un certo periodo ha cavalcato il successo anche grazie a Striscia la notizia, trascinati sul piccolo schermo da Ezio Greggio ed Enzo Iachetti.

Li avevo conosciuti a Parma, al Theatro del Vicolo, quando una sera, nel gioiellino di Egidio Tibaldi (perché non si decidono a riaprirlo?) intervistarono insieme me e Gianfranco Bellè, l’indimen-ticato Sandro della Gazzetta. Fu l’inizio. Si strinse subito un legame che ci vide insieme per un bel periodo. Ci incontrammo più volte, a Milano, anche al Blue Note, e poi a Luigi-Gino nacque l’idea della commedia. Un giorno mi propose il soggetto e io ne scrissi la sceneggiatura. La prova generale avvenne al Theatro del Vicolo e poi  andò in scena con alcune rappresentazioni. Dino era il più felice di tutti. “Mia mamma è orgogliosa di me”, spiegava “mia mamma mi dice che finalmente è arrivato il mio momento”. La mamma. Per Dino la mamma era tutto, il faro della sua vita. Ora scopro che tornerà adì abbracciarla, visto che lei è scomparsa pochi mesi fa, il  28 dicembre scorso.

Con Dino, e l’inseparabile Gino, ho trascorso alcuni dei momenti più divertenti e simpatici della mia vita. Li ho voluti con me alla festa dei 3 anni di Pramzanblog alla Corale Verdi, nel mio docu-film “Parma mia”, nel coro dei Vip parmigiani in “Bón Nadäl ala pramzana”. E naturalmente nella commedia, dove Dino recitò in modo mirabile, applaudissimo anche come cantante, nella mia canzone che concludeva lo spettacolo, La vita è un ascensore. Del resto Aldo-Dino aveva anche avuto un passato di cantante, con il nome d’arte di Al Musci.

Poi, conclusa l’avventura teatrale, loro a Parma, io a Milano, le nostre strade sono tornate a percorrere un itinerario diverso. Gino ha un negozio per “svapatori” e scrive musica, Dino era diventato una colonna degli studi televisivi (Domenica in soprattutto) dietro le quinte, come maestro del “gobbo, la versione moderna del suggeritore. Amato fa tutti i big  dello spettacolo, da Baglioni alla Venier, da Antonacci a Cochi e Renato, da Shel Shapiro a Morgan, da Al Bano ad Amadeus. E lui, con loro e tanti altri, aveva collezio-nato centinaia di selfie dei quali era orgoglioso.Bravissimo nella scena (indimenticabili le sue apparizioni, con e senza Dino, a Striscia la notizia. Principe di modestia nella vita. Ciao amico. Un altro amico che se ne va, porca miseria. (a.m.) 

venerdì 31 marzo 2023

La "Food Valley" esportata in Lombardia

 INSEGNO AI MILANESI

COME SI MANGIA ALLA PARMIGIANA

 Alessandro Barberio, 50 anni,  parmigiano residente a Collecchio, ha la “missione” di far

conoscere le delizie della cucina parmigiana all’ombra della Madonnina - E lo fa con i prodotti della premiata ditta

“ducale” Fochi&Tagliavini in una bottega-ristorante in via Durini, a due passi dalla casa dove abitò il

parmigianissimo Arturo Toscanini -  “Qui vanno tutti di fretta”, dice “ma cerco di educare  i milanesi ai piaceri

della buona tavola” - “Quando  servo i clienti mi piace spiegare le origini e i segreti dei piatti della terra dove sono cresciuto”



di ACHILLE MEZZADRI


Arturo Toscanini, il genio della bacchetta, abitò a Milano per quarant’anni in via Durini al numero 20. E al 26, poco più verso San Babila, adesso ci lavora Alessandro Barberio, 50 anni, cognome poco parmigiano, ma  cresciuto ad anolini e culatello, che sotto l’insegna della premiata ditta Fochi&Tagliavini ha la missione di far conoscere ai milanesi come si mangia alla parmigiana. Alessandro insomma, all’ombra della Madonnina, insegna a chi è abituato ad andare di fretta, ad apprezzare il gusto della buona tavola, a saper distinguere tra parmigiano-reggiano e grana padano, oppure le differenze tra i quattro tipi di parmigiano, il Vacca Frisona, il Vacca Rossa, il Vacca Bruna e il Vacca Bianca, oppure ancora se è più buono un anolino con aria di montagna, ripieno di stracotto...

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martedì 28 febbraio 2023

Claudio dei Corvi domani a Raiuno

 “SONO IO L’ULTIMO
RAGAZZO DI STRADA”

Il batterista Claudio Benassi, 81 anni, l’ultimo superstite del favoloso

gruppo che spopolò negli anni Sessanta, sarà ospite

domani pomeriggio con la sua band a "Oggi è un altro giorno" di Serena Bortone, che va in onda su Raiuno dalle 14 alle 16 -  “Non

mi aspettavo questo invito: è stata proprio una bellissima sorpresa” - “Potrò ricordare i tempi del “Ragazzo di strada”

con i miei indimenticabili amici Gimmi, Angelo e Fabrizio” - “Tutto

cominciò con il Rapallo Davoli” - “Acquistammo Alfredo, il corvo

che portavamo negli spettacoli con noi, per

diecimila lire” - “Quando Giampiero Simontacchi ci portò all’Ariston” - “Nel mio libro ho raccontato

la nostra storia che coincide con i mitici anni Sessanta”


di ACHILLE MEZZADRI

“Chiedi chi erano i Beatles”, cantava Gaetano Curreri. Io vorrei aggiungere: “Chiedi chi erano i Corvi”, il gruppo parmigiano che spopolò  negli anni Sessanta con il pezzo Un ragazzo di strada e con altri brani di grandissimo successo, da Sospesa a un filo a Bang bang, da Datemi una lacrima per piangere, a Bambolina, da Luce a Che strano effetto. E probabilmente questa domanda se l’è fatta Serena Bortone, la bravissima gior-nalista che conduce ogni giorno su Raiuno, dalle 14 alle 16, il fortunato programma Oggi è un altro giorno. Così domani, grazie a lei, e ai suoi autori, potremo finalmente rivedere sulla rete ammiraglia i Corvi, o meglio, quello che resta dei Corvi originali, visto che è rimasto sulla breccia con i suoi 81 anni splendidamente ed energicamente portati soltanto il batterista di quello storico gruppo, Claudio Benassi. A Parma dedlà da l’acua lo chiamarebbero al Ringo Starr äd nuätor.

“Vado alla Rai”, mi dice Benassi, l’ex “Tritolo” di allora “con l’attuale mia band, formata, oltre che da me, da Pietro Amoretti, chitarra solista, Mirco Rivara, tastiere, Lorenzo Cavazzini, voce e Luca Bonzilli, basso. Tutti ottimi musicisti. Ma sarò lì anche per ricordare la storia dei Corvi...

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sabato 25 febbraio 2023

Silenziamo il Conservatorio di Parma

SIAMO FORSE SU SCHERZI A PARTE?

Si parla tanto a Parma, in questi giorni, della decisione del Comune di “silenziare” il Conservatorio di musica in seguito all’esposto

di tre studi legali - “Fa troppo rumore”, sarebbe l’accusa - In realtà

la battaglia contro orchestrali e cantanti ha origini

lontane - In tempi recenti, nel 2009, fu l’ex ministro Renato Brunetta a parlare di “parassiti dei teatri lirici”

- E nel 2013 il premier Monti già lanciò l’idea di mettere

il silenziatore ai Conservatori italiani



di ACHILLE MEZZADRI

Ci risiamo, la guerra alla cultura è tornata d’attualità. Si fa un gran parlare, in questi giorni, della decisione del Comune di Parma di mettere il silenziatore al Conservatorio Arrigo Boito di Parma, vale a dire l’erede della storica Regia Scuola di Musica che ebbe tra i suoi allievi Arturo Toscanini. Chi non ha letto i giornali o seguito i telegiornali si domanderà: “e perché mai?”. La risposta l’hanno data tre studi legali della città ex ducale: “perché fa troppo rumore”. L’unica soluzione sarebbe il “Coro a bocca chiusa” della Madama Butterfly, ma come si fa? Come farebbe Toscanini imparare a dirigere un’orchestra? Come farebbero Carlo Bergonzi e Renata Tebaldi, già allievi del Conservatorio parmigiano, a prepararsi alle loro trionfali carriere? Cantando “a bocca chiusa”? Ha scritto su Facebook il famoso baritono parmigiano Luca Salsi, che ha studiato al Conservatorio Boito dal 1992 diplomandosi nel 1999: “Il Conservatorio di Parma non è un posto qualunque, non è un luogo dove si fa “rumore” e si disturba. È un luogo dove si fa MUSICA! Tra quelle mura si sono formati grandissimi musicisti e cantanti che hanno portato alto il nome della nostra cultura nel mondo e che hanno dato lustro anche alla città di Parma. Trovo vergognoso che  ...

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domenica 29 gennaio 2023

Il grande successo di “Indagini”

STEFANO NAZZI: COSÌ
SONO ENTRATO
NELLA GALASSIA DEI PODCAST

Intervista con il giornalista che Alessandro Cattelan, il  conduttore di “Stasera c’è Cattelan”, su Raidue ha definito “un’icona del web” - “Non mi aspettavo un gradimento così vasto, ma ovviamente sono contento” - “Forse la spiegazione sta nel fatto che racconto le storie in modo un  po’ asettico, senza partecipazione emotiva” - “Al primo di ogni mese parto con una nuova storia” - “Ho raccontato casi diversi, dai più famosi ai meno noti: dal delitto di Garlasco all’omicidio di Avetrana, da Unabomber al caso dei Carretta di Parma” -  “Il podcast è diventato la fortunata evoluzione della radio e sta attraversando un periodo magico” - “Ho raggiunto questo successo insperato, ma in famiglia mi prendono un po’ in giro”

di ACHILLE MEZZADRI


Conosco l’amico e collega Stefano Nazzi dai tempi di Gente e sono rimasto piacevolmente sorpreso quando ho saputo del suo grande successo con il podcast Indagini, figlio del giornale online Il Post diretto da Luca Sofri. Successo amplificato dal conduttore televisivo Alessandro Cattelan, che nel suo programma Stasera c’è Cattelan in seconda serata su Raidue ha addirittura definito Stefano “un’icona del web”. Insomma, a 61 anni compiuti lo scorso ottobre e a cinque anni dalla pensione, dopo un’onoratissima carriera che l’ha visto prima a Milano Finanza, alla Mondadori e ad Hachette e poi, dal luglio 2021, a Il Post, è diventato all’improvviso un personaggio di rilievo al punto di meritare un’intervista su una rete Rai. “No, non me l’aspettavo un successo così”, mi spiega “ed ovviamente non può che farmi piacere”.

Indagini è entrato dal 1° aprile 2022 nella galassia dei podcast e precisamente tra quelli che si occupano di storie criminali. Il podcast......

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venerdì 30 dicembre 2022

Si è spenta Tamara Baroni, la parmigiana

 CIAO TAMARA, AMICA RITROVATA

Quando ancora abitavo a Parma, Tamara, amica intima di quella  che diventò la mia prima moglie, era la più bella della città - La  attendeva un futuro da prime pagine: amori (il più clamoroso con Bubi Bormioli) , scandali, perfino il carcere (immeritato), film e teatro - A Parma, negli anni ’60, andai a trovarla nella casa dei genitori, in viale Mentana, mentre fasciava la sua primogenita, Viviana - Poi le nostre strade si sono divise e, complice il mio Pramzanblog, l’ho ritrovata nel suo esilio volontario a Natal, capitale dello Stato brasiliano del Rio Grande do Norte - Lì ha ricostruito la sua vita, lontana da scandali e clamori -

E da quando l’ho ritrovata è nata una grande amicizia


di ACHILLE MEZZADRI


Poche ore fa mi ha chiamato Viviana. La primogenita di Tamara Baroni. “Achille, mi dispiace ma devo darti una bruttissima notizia. È morta mia mamma, ieri l’altro 28 dicembre, alle 22,22. Stava male da un po’ e io la sentivo tutti i giorni, poi la situazione è precipitata. Teneva tanto a Parma, la sua, la nostra città e qui a Parma, mentre a Natal, in Brasile, sarà cremata, faremo una specie di “funerale parmigiano” proprio il 3 gennaio, con una  funzione in suo ricordo nella chiesa di Santa Maria del Rosario, in via Isola. Sono in contatto con i miei tre fratelli brasiliani, Ciro, Sara e Marco. Siamo tutti sconvolti”.

Basito. Letteralmente basito. Sono rimasto senza parole, perché soltanto una decina di giorni fa avevo chiamato Tamara e dalla sua voce non avevo capito la situazione. Mi aveva sorpreso, piuttosto, con questa frase: “Achille, ero stufa di vivere da sola. Ora abito in un albergo per anziani benestanti,  spendiamo una cifra, ma almeno sono in compagnia. Adesso sto mangiando una minestra”. .....

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sabato 24 dicembre 2022

La scomparsa di Vittorio Adorni

 VITTORIO, CAMPIONE SULLA STRADA E NELLA VITA

Molti oggi, nel giorno in cui ci ha lasciato, stanno ricordando il ciclista parmigiano che nel 1968 vconquistò a Imola il titolo mondiale su strada  dopo aver vinto, nel 1965, il Giro d’Italia - Oltre all’attività agonistica ha fatto il  conduttore e il commentatore televisivo, il direttore sportivo, il curatore di pubbliche relazioni, il membro del Cio, l’assicuratore - Un parmigiano autentico,  che affrontava la vita con il sorriso e la simpatia innata - Ci siamo frequentati poco, ma c’è sempre stato qualcosa che ci ha tenuti sempre legati, in un modo o nell’altro - E ha cantato anche nel coro della mia "Bón Nadäl ala pramzàna"


di ACHILLE MEZZADRI


Oggi Marino Bartoletti, grande conoscitore e storico del ciclismo, ma non solo, starà scrivendo migliaia di ricordi, di storie, di aneddoti, che lo hanno legato a Vittorio Adorni, che non è mai stato né un Merckx, né un Gimondi, ma che ha lasciato un segno indelebile nel mondo dello sport. Ma anch’io ho la fortuna di poter raccontare il Vittorio “uomo”, pramzàn dal sàs, simpatico ed eclettico, che è entrato presto nella mia vita, come idolo, perchè era fortissimo e vinceva il Giro  d’Italia, il mondiale di ciclismo, poi perchè è stato il mio primo assicuratore a Parma (quando mi trasferii a Milano lo “tradii” con un altro grande dello sport. Giacinto Facchetti), poi ancora perché ci trovammo insieme a tifare Francesco Moser che nel gennaio 1984, a Città del Messico, battè per due volte il record dell’ora. Quando ci rivedevamo, per un modo o per l’altro, era sempre un piacere reciproco. Per il mio Pramzanblog, dieci anni fa, in occasione dei suoi 75 anni, gli dedicai un grande articolo, lo sentii più volte anche....

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L'ARTICOLO SU PRAMZANBLOG NEL 2012

L'ALBO D'ORO DI ADORNI



sabato 3 dicembre 2022

La scomparsa di Fabrizio Castellini

IL CUGINO SCOMODO

CHE FACEVA LE PULCI AI POTENTI

Se ne è andato troppo presto, a 70 anni, per gravi problemi di salute - Eravamo secondi cugini, con in comune un bisnonno, Nicola - Era laureato in giurisprudenza, ma aveva il giornalismo nel sangue e scelse la strada più scomoda: stare sempre fuori dal coro - Si fece molti nemici e alcuni di questi riuscirono a fargli chiudere la sua prima creatura, “Il giornale di Parma” - Non si perdette d’animo e inventò un nuovo settimanale, “La Voce di Parma” - Nel 2011, quando lo intervistai per il mio "Pramzanblog", aveva già sulle spalle almeno una cinquantina di querele, sei o sette condanne in primo grado, una in appello già prescritta, ma nessuna condanna definitiva


di ACHILLE MEZZADRI


Ha rotto le balle a tanta gente, a Parma. Alcuni edicolanti sono  arrivati al punto di nascondere le locandine del suo giornale La  voce di Parma.  Ma Fabrizio, mio cugino Fabrizio Castellini (di secondo grado,  avevamo in comune il bisnonno Nicola) è sempre andato dritto per la sua strada. Senza paura. Io e lui giornalisti, con dentro il sacro fuoco della notizia, ma su strade parallele e nello stesso tempo lontane: io in giro per il mondo a seguire eventi e a intervistare personaggi, lui a fare giornalismo d’inchiesta, all’ame-ricana, a sfidare le caste, a raccontare con puntiglio le sue verità. Io amante nostalgico della Gazzetta di Parma, il quotidiano dove sono nato come giornalista. Lui a fare le pulci alla Gazza, perfino con sfrontatezza, ma sempre con la convinzione morale di essere  dalla parte giusta. Immagino che, pur in buona fede, possa aver preso qualche cantonata, però nel 2011, quando lo intervistai per il mio giornale online, Pramzanblog, aveva già sulle spalle almeno una cinquantina di querele, sei o sette condanne in primo grado, una in appello già prescritta, ma nessuna condanna definitiva. Sapeva quello che faceva e, forte della sua laurea in giurisprudenza, conosceva i confini da non oltrepassare. Eppure i suoi nemici   - a Parma ne aveva, eccome - riuscirono a fargli chiudere la sua prima creatura, Il giornale di Parma, che fondò nel 1998, con l’aiuto di un finanziatore. Improvvisamente, ma era nell’aria, gli vennero tolte la direzione e la testata, che fallì poco dopo. Ma lui...

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L'INTERVISTA DEL 2011

giovedì 24 novembre 2022

Un uomo e una città: Ferraguti da Parma

 QUANDO IL MIO AMICO GIOVANNI

DIVENTO' GION GUTI PER PRAMZANBLOG


Ai tempi dei fasti di Pramzanblog, ormai tanti anni fa, Giovanni Ferraguti (con il quale avevo condiviso avventure cronistiche alla "Gazzetta di Parma"), viveva a Nizza, in Francia e io gli proposi di rovistare tra il suo immenso archivio di foto per una rubrica sul mio fortunatissimo giornalblog online - Così nacque "Una foto, una storia", che ebbe vita per ben 201 puntate - Per quella rubrica il mio amico si inventò un nome d'arte, Gion Guti e io posso dire di avere una gran nostalgia di quel periodo magico - Giovanni, da tempo, è "tornato a casa", cioè a Parma e ha ripreso a inondare di preziose e graditissime cronache i parmigiani, che lo considerano, a ragione, un mito vivente - E ha trovato anche un talentuoso partner, quel Billy Balestrazzi che non solo, nonostante la pensione dopo la "Gazza", continua a vivere la vita di un giornalista in piena attività, ma è anche docente di giornalismo all'università. Chapeau - Giovanni, con Billy, fa mostre, scrive libri e, soprattutto, ha ripreso ad essere, come ai vecchi tempi, l'occhio vigile della città - Il successo senza confini di Ferraguti mi ha fatto scoprire una grave lacuna: sul mio sito "Achille Mezzadri faccia da cronista", preso da mille interessi (ma chi dice che in pensione di riposa...) non ho mai completato l'angolo dedicato proprio a Giovanni (pardon, Gion Guti). Lo sto facendo in questi giorni. Sotto la foto di copertina del sito ci sono vari "pulsanti" da cliccare. Nella prima riga il mio passato di "testimone del tempo", nella seconda e nella terza l'angolo chiamato "Pramzanblog Revival" con, tra le varie "chicche", il "Dizionario dei parmigiani grandi e piccini" di Baldassarre Molossi", le mie interviste, lo spazio del dialetto, la rubrica di lirica "Nonsoloverdi", eccetera eccetera. La terza fila si apre proprio con Ferraguti. Mancano ancora tantissime delle 201 puntate, ma provvederò presto...

domenica 16 ottobre 2022

Milano: l'assurda bike lane di via Novara

RISCHIARE DI MORIRE PER UNA CICLABILE

Da agosto una delle più importanti vie di accesso al centro della città è diventata un inferno - Prima subiva la piaga delle automobili perennemente in doppia fila, ora lo spazio destinato ai ciclisti ha ridotto quello della carreggiata e il rischio di incidenti anche gravi è molto alto - Il problema è reale e ha scatenato le ire degli abitanti della zona, ma anche la guerra tra i partiti: la sinistra difende il sindaco Beppe Sala e la sua assessora alla mobilità Arianna Censi, la destra grida allo scandalo - Comunque c’è ancora tempo per apportare modifiche, se si è capaci di usare il buonsenso 


di ACHILLE MEZZADRI


Si può rischiare di morire per una pista ciclabile? A Milano sì. Accade in via Novara, una delle più importanti vie d’accesso alla città. La giunta di  sinistra guidata d Beppe Sala, con in prima linea l’assessora alla mobilità Arianna Censi, già vice sindaca, sta portando avanti con decisione il programma di ampliamento dei percorsi ciclabili e da agosto è sotto accusa per il macello che ha creato la “bike lane” di via Novara, che ha l’ambizione di raggiungere Settimo Milanese partendo da via Rembrandt. Che cos’è una “bike lane”? Viene chiamata così, “corsia per le bici”, perché, senza essere una vera e propria pista ciclabile, corre per oltre 5 chilometri tra il marciapiede e la carreggiata con il solo tratteggio orizzontale disegnato sull’asfalto, senza cordoli né altre protezioni. E’, insomma, una corsia, non una pista apposita. Il risultato pratico, co-munque, è un obbrobrio: le macchine che prima venivano parcheggiate accanto al marciapiede, ora restringono lo spazio rimasto per la carreggiata. E si può immaginare che cosa potrebbe capitare a un automobilista che “osi” scendere dal proprio mezzo mentre arrivano le  auto lanciate come fossero in una gara di Formula 1. ....

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martedì 6 settembre 2022

L’intervista non prevista: Raul Cremona

 E, COME PER MAGIA,

MI APPARVE RAUL CREMONA

Può succedere che all’improvviso, magari in un sontuoso agriturismo della Valseriana, incontri un famoso personaggio della Tv (e non solo) che ti ha fatto riderea crepapelle a Zelig - Così è nato l’accordo per l’incontro a Milano con “il mago Silvano” che “a volte non fa niente, ma lo sa fare molto bene” - Dagli esordi al Derby e al Ca’ Bianca, ai grandi successi - “Mia moglie Graziella, a 17 anni, mi volle conoscere e mi stupì facendomi un gioco di prestigio” - “Mio figlio Giordano, in arte Kremont, è più famoso di me” - “Ho scoperto che sono un discendente di Napoleone III”

di ACHILLE MEZZADRI

C’è chi sostiene che “nulla succede per caso”. Tutto sta scritto, tutto è collegato, un filo invisibile ci lega alle cose che accadono. Però io sono convinto che nessun filo misterioso abbia determinato il mio incontro, assolutamente casuale, con Raul Cremona, il mitico “Silvano, il mago di Milano” che mi faceva sbellicare dalle risate a Zelig. Mi trovavo per un aperitivo con moglie, figlia e Kira, la cagnolina, all’agriturismo “Larice” di Clusone, quando ci siamo messi a chiacchierare con una gentile signora che aveva con sé un dolce cagnolino anziano. Il marito, un simpatico giovanotto di mezza età, stava girovagando nei campi d’intorno alla ricerca di frutti da cogliere sugli alberi. Poi è arrivato con una manciata di susine e si è seduto a un tavolino vicino a noi. E mia figlia Erika, sottovoce: “ma quello non è?... un noto comico?...”. “Potrebbe essere... sì, sì. Forse è lui...”. Non volevo fare gaffe. Poi quando ho fatto accenno al mio incontro proprio in Valseriana, qualche anno fa, con Vincenzo Mollica, ho scoperto che anche lui lo conosceva. Allora è spuntato il coraggio, rivolgendomi alla signora gentile, la moglie: “Quindi suo marito è....”. Risposta con un sorriso tutto semplicità: “È Raul Cremona...”. Con conferma da parte del giovanotto di mezza età: “Sì, sono io, Silvano, il mago di Milano...”.

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giovedì 25 agosto 2022

Il sogno irrealizzato con Benvenuti

PERCHÈ SALTÒ IL MIO PROGRAMMA

DI BOXE CON NINO BENVENUTI 

Nel 1978 Ad Antenna Nord arrivai molto vicino a realizzare un mio grande sogno: conoscere il grande pugile che era stato il mio idolo fin da quando conquistò il titolo olimpico a Roma nel 1960 - Addirittura rischiai di condurre un programma di pugilato con lui - Il direttore della Tv di Rusconi, Lillo Tombolini convocò entrambi nel suo ufficio e insieme entrammo nei particolari - Eravamo in possesso dei filmati dei più grandi match della storia ed avevamo la disponibilità di Nino che li avrebbe commentati:

tutto era pronto - Ma non arrivò la pubblicità

che avrebbe coperto le spese - E il mio sogno svanì


di ACHILLE MEZZADRI



Nel 1978, pur facendo parte della redazione di Eva Express ero un assiduo collaboratore di Antenna Nord, e le mie giornate lavorative si svolgevano molto più in via Oldofredi, dove c'erano gli studi della televisione, che in via Vitruvio. E un giorno, nel periodo in cui conducevo San Siro Ieri con Eugenio Gallavotti, arrivai molto vicino a realizzare un mio grande sogno: conoscere, e perfino diventare amico, di Nino Benvenuti, il pugile che era stato il mio idolo fin da quando conquistò il titolo alle Olimpiadi di Roma nel 1960. Ho già raccontato che nel periodo dell'adolescenza ero infatuato della boxe e, nonostante fossi mingherlino e avessi gli occhiali, mi sarebbe piaciuto diventare un pugile. Con le mie paghette settimanali compravo Boxe Ring ed ero informatissimo. Dopo le Olimpiadi di Roma e il passaggio al professionismo di Nino Benvenuti cominciai perfino a tenere su un mio quadernetto l'albo aggiornato dei suoi match. La prima vittoria ai punti in 6 riprese il 20 gennaio 1961 nella sua Trieste con il tunisino Ben Alì Allala. La seconda per KO alla terza ripresa a Roma con Nicola Sammartino. La terza per KO alla prima ripresa a Napoli nella rivincita con Ben Alì Allala. La quarta per KO alla terza ripresa a Bologna con il tunisino Sahib Mosri. La quinta ai punti in 6 riprese a Milano con lo jugoslavo Nic Maric. E avanti così, con puntiglio e precisione giornalistica. Il mio debutto nella carta stampata sarebbe avvenuto due anni dopo, nell'ottobre 1963, alla Gazzetta di Parma.

Benvenuti si avviò verso una carriera strepitosa, ricca di titoli europei e mondiali e fu ancora lui a farmi passare la notte in bianco (e a milioni di italiani) il 17 aprile 1967 quando strappò il titolo mondiale dei pesi medi a Emil Griffith al Madison Square Garden di New York. Io avevo compiuto 22 anni da due giorni e da quasi 14 mesi ero un cronista della Gazzetta di Parma. Ricordo quella notte nella redazione di cronaca ad ascoltare con i colleghi (Curti, Pressburger, Zani, Arlunno, Bellè, Tonarelli...) la storica entusiasmante radiocronaca di Paolo Valenti.
Ecco, ora chiunque può immaginare che cosa provai quando, nel 1978, Lillo Tombolini, direttore di Antenna Nord, mi convocò nel suo ufficio con Nino Benvenuti, per varare un programma di pugilato. Sergio Barbesta, della REA (Rusconi Editore Associati) aveva acquistato i diritti per pubblicare le sintesi dei più grandi match della storia della boxe e nel programma io avrei ricordato sinteticamente quegli incontri, che Benvenuti avrebbe commentato. Bingo! Ero fuori di me. Un programma di boxe da co-conduttore con Nino...  Ma i sogni non si realizzano gratis... Occorreva uno sponsor, insomma la pubblicità, per tenere in piedi il progetto. Ma non arrivò. E così, con il disappunto massimo di Tombolini, di Benvenuti e mio, il sogno svanì. Per lo stesso motivo non fu replicato San Siro Ieri e io "traslocai" a Gente, il settimanale diretto dal grande Antonio Terzi. Non ho mai potuto capire che cosa sarebbe stato della mia carriera se io fossi diventato partner di Nino Benvenuti in un programma Tv. (a.m.)

martedì 23 agosto 2022

L’incontro con l’attrice lanciata da Germi

 IN UN RISTORANTE DI ROMA

FECI PIANGERE DANIELA ROCCA

Mi ci vollero tre giorni e tre viaggi in Piemonte, Sicilia e Lazio per smontare lo “scoop”

che avrei potuto fare dopo la lettera inviata a “Eva Express” da una giovane signora di Valenza Po

- Il colpo di scena finale a Milano


di ACHILLE MEZZADRI

Tre giorni. Impiegai tre giorni e feci tre viaggi per scoprire che lo scoop suggerito da una lettera scritta a Eva Express da una giovane signora di Valenza Po, in provincia di Alessandria, non era uno scoop, ma una bu-fala. Ciò accadde nel 1977, quando a Eva arrivò appunto la lettera nella quale la donna sosteneva di essere la figlia segreta del grande regista Pietro Germi (scomparso tre anni prima) e dell’attrice Daniela Rocca, che allora aveva 40 anni (e che poi è scomparsa nel 1995).  In redazione capimmo che la lettera avrebbe potuto avere anche qualche fondamento di verità visto che nel 1961, durante le riprese di Divorzio all’italiana, il film diretto da Germi, con Marcello Mastroianni, Stefania Sandrelli e Daniela Rocca, era cominciata una tormentata storia d’amore tra il regista e la giovane attrice siciliana che prima di diventare attrice era stata eletta Miss Catania a 16 anni. A prima vista i conti non tornavano...