sabato 6 giugno 2020

1968 Quella piena del Po

Ricordo che nel novembre 1951, quando avevo sei anni e mezzo, rimasi molto colpito dall'alluvione del Polesine, quando le acque del Po devastarono gran parte della provincia di Rovigo e parte di quella veneziana, con un bilancio di un centinaio di vittime e 180mila senzatetto. Tutta l'Italia si mobilitò per aiutare le popolazioni colpite e anche la mia famiglia inviò indumenti e generi alimentari. Ebbene, 17 anni dopo, ancora a novembre, il Po si incattivì di nuovo, seppure in maniera molto meno disastrosa ed io fui "sul campo", come cronista della Gazzetta di Parma, per raccontare quello che stava accadendo a Polesine Parmense, Torricella, Ongina, Santa Franca, Sacca, Mezzano Rondani.
Trascorsi una giornata intera, dalla mattina del 4 a quella del 5, sulla  barca dei carabinieri di Zibello, al comando del brigadiere Gelsomino, per raccogliere notizie e assistere ai salvataggi delle persone. Ed è rimasta indelebile nella mia memoria e nel mio cuore quella notte in barca, a controllare casa per casa nei terreni golenali invasi dall'acqua. Erano luoghi che conoscevo bene perché, per esempio, al Cavallino Lido dei coniugi Spigaroli ( i genitori dello chef stellato Massimo Spigaroli) andavo spesso, per sontuose "abbuffate" con i colleghi della Gazzetta ma anche per intervistare i cantanti che andavano lì per i loro concerti, per esempio Caterina Caselli e Patty Pravo. Vedere quella desolazione era come ricevere un pugno nello stomaco. La situazione era drammatica, assolutamente allarmante e alcuni degli abitanti della zona sostennero che quell'alluvione era inferiore soltanto a quella devastante del Polesine nel '51. Fortunatamente il bilancio finale fu senza vittime e con danni ingenti, ma minori.

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