Avevo 18 anni e mezzo quando, senza aver detto nulla in famiglia, entrai alla Gazzetta di Parma, nell'allora sede di via Emilio Casa, a chiedere di collaborare allo sport, visto che già lo faceva un mio amico, Gianfranco Bellè. Mi accolse il capo della redazione sportiva, Luciano Campanini e dopo una breve chiacchierata mi "arruolò". Mi fu affidata subito una partita importante, Salso - Salvarani, programmata per la domenica seguente, 13 ottobre. Erano i giorni del lutto nazionale per la tragedia del Vajont, del 9 ottobre, ma io ero soprattutto euforico perché, andando a Salsomaggiore, avrei avuto anche la possibilità di fermarmi prima a Fidenza per incontrare la mia "morosina" di allora.
E così fu. Scesi dalla "littorina" a Fidenza, passai un'oretta con la ragazza, che poi mi riaccompagnò alla stazione. Il treno era già lì, fermo sui binari, e salii. Ma quando partì mi accorsi, con disperazione, che stavo tornando a Parma. Scesi in una stazione intermedia, Castelguelfo e aspettai la nuova "littorina" per Salsomaggiore. Presi un taxi e trafelato arrivai all'intervallo della partita. Tornato alla "Gazzetta" scrissi il mio primo articolo e Campanini (che poi è rimasto mio amico per tutta la vita ed è scomparso un anno fa) mi disse: "bene, hai scritto un buon articolo, anche se non si capisce molto del primo tempo della partita..."
I ricordi (e non solo) di oltre cinquant'anni anni di carriera di un testimone del tempo
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