I ricordi (e non solo) di oltre cinquant'anni anni di carriera di un testimone del tempo
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lunedì 4 maggio 2020
1970: Con me Jannacci vuotò il sacco
Enzo Jannacci non mi aveva mai visto prima di quell'aprile del 1970, ma seduto con me a un tavolino del King, a Parma, il famoso locale di Achille Schiaretti che anni dopo avrebbe traslocato dall'altra parte della città a causa di un devastante incendio, era in vena di sfogarsi e nonostante io fossi un giovane giornalista di provincia, "vuotò il sacco". Mi disse per esempio: "La gente è stanca delle solite cose commerciali e soprattutto non ama i compromessi come Chi non lavora non fa l'amore: Celentano, con la carica di simpatia che possiede, potrebbe voincere ugualmente senza cantare una canzone quasi fascista. Io lo stimo come cantante, come autore, ma questa volta, secondo me, ha esagerato". E anche: "Vengo anch'io era un bastardo, è nata casualmente e appena l'ho sentita in disco mi sono reso conto che diventava un boom. Ma ho accettato la situazione per due motivi: primo perché i soldi mi servivano per sposarmi, secondo perché ero convinto che dopo un successo commerciale potevo lanciare meglio la mia produzione, quella che dimostra qual è il vero Jannacci". E aggiunse anche che i suoi veri concorrenti non erano i Mal, gli Antoine e i Nicola di Bari, ma i Brassens e gli Aznavour.. E concluse così: "Aspetto che scocchi la mia ora. Ma che non sia ancora quella di Vengo anch'io, perché altrimenti mi arrabbio".
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