Bearzot lo conoscevo già da prima del Mundial di Spagna. Lo avevo intervistato a casa
sua, dalle parti di Porta Lodovica, dove allora abitavo anch'io. E dopo il trionfo gli avevo anche mandato un telegramma di felicitazioni. Dopo il titolo mondiale, però, gli azzurri cominciarono a scricchiolare e su Enzo Bearzot, prima salvatore della Patria, ora piovevano improperi da tutte le parti, soprattutto dopo uno squallido pareggio con Cipro. Ci demmo appuntamento davanti a casa sua, paseggiammo per un po', poi ci fermammo al tavolino di un bar. Si difese dalle accuse a modo suo: sempre con il sorriso sulle labbra, ma con determinazione. "Accetto quelle degli sportivi", mi disse, "ma non quelle dei colleghi e dei giornalisti addestrati dai miei nemici". E aggiunse: "Io la Nazionale non la mollo".
I ricordi (e non solo) di oltre cinquant'anni anni di carriera di un testimone del tempo
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